venerdì 18 settembre 2009

Gli strumenti della democrazia partecipata in Sicilia


Di Antonino Macula

Nel rispondere alla domanda postata nella bacheca del gruppo "referendum per l'indipendenza Sicilia" dal Carissimo Pietro Di Caro, colgo l'occasione per introdurre una utile discussione sugli strumenti di democrazia partecipata utilizzabili nell'ambito della Regione Siciliana, nonché per sviluppare alcune riflessioni sulla utilità e finalità di questo specifico gruppo e dell’iniziativa che ne sta alla base. L'amico Di Caro chiede quante firme occorrono per l'attivazione di un Referendum nella Regione Siciliana. Risposta: il referendum in Sicilia è disciplinato dalla LEGGE REGIONALE N. 1 DEL 10-02-2004, la quale prevede che per la relativa indizione sono necessarie 50.000 firme di elettori siciliani, oppure la deliberazione di tre consigli provinciali rappresentativi di almeno il quindici per cento degli abitanti della Regione o di quaranta consigli comunali rappresentativi di almeno un decimo degli abitanti della Regione secondo i dati dell'ultimo censimento ufficiale. Va a riguardo precisato che la citata legge regionale disciplina solo (manco a dirlo) il referendum abrogativo, senza affatto fare riferimento alle opzioni propositiva e consultiva che pure sono previste all'art. 13 bis dello Statuto Siciliano.
A questo punto occorre aprire una oppoaruna “parentesi”. Grazie ad una specifica legge dello Stato Italiano, di cui in questo momento non ricordo gli estremi, i nostri "graziosi sovrani italioti" hanno sostanzialmente "disinnescato" tutti gli articoli del nostro Statuto. Tale norma rimanda infatti l'applicabilità delle prescrizioni dei diversi articoli statutari, a specifiche leggi attuative, senza le quali gli articoli dello Statuto Siciliano sono inapplicabili. Il perché di questa subdola strategia italiota è fin troppo chiaro: una volta “distrutta” (con illegittima e “criminosa” sentenza della Corte Costituzionale Italiana) l’ALTA CORTE prevista all’art. 24 dello Statuto Siciliano, tutte le norme emanate dall’Assemblea Regionale sono sottoposte alla “mattanza” del Commissario di Stato (al soldo del governo italiano), il quale provvede alla sostanziale “eliminazione” di tutte le iniziative legislative regionali “sgradite” ai “sovrani italioti”.
Ciò premesso, nel caso specifico dell’art. 13 bis dello Statuto Siciliano, viene quindi da chiedersi: perché il legislatore regionale ha preferito disciplinar SOLO il referendum abrogativo e non TUTTO il citato articolo che comprende anche i referendum propositivi e consultivi???. E qui le risposte possono esser solo due (salvo una terza che è composizione delle prime due): 1) o il legislatore regionale, temendo la mannaia del Commissario di Stato, ha preferito mantenersi nell’ambito delle prerogative riconosciute indistintamente a TUTTE le regioni italiane a prescindere dalla specialità dello Statuto Siciliano; 2) oppure, interviene ancora una volta il carattere ascarico delle nostre rappresentanze politiche regionali, che, per dovere di servilismo nei confronti del “padrone”, hanno per l’ennesima volta “venduto” lo Statuto Siciliano ed il Popolo Siciliano ai “sovrani italici”.
Ma torniamo alla tematica iniziale: il referendum abrogativo. Ovviamente nel caso specifico di questo gruppo, il referendum dovrebbe riguardare la famigerata “legge” che ha previsto l’annessione “plebiscitaria” della Sicilia ad Ducato Savoia (ricordo che il Ducato Savoia divenne Regno solo perché alla fine usurpò il titolo ai Borboni).
(Breve parentesi sull’ignobile menzogna storica del “plebiscito”: i Siciliani erano tanto contenti di aderire all’Italia che il giorno dopo la proclamazione dell’annessione si rivoltarono in massa contro i Savoia (1861), i quali, nel “nobile” intento di “imporre” la loro “liberazione” a quei poveri “villici” che di “libertà” non capivano nulla, si videro “costretti”, poverini, a trucidare decine di migliaia di “zotici Siciliani”, che sin da allora erano degli sporchi “terroni”, comprese donne, anziani, bambini, preti e frati).
E’ fin troppo ovvio che, allo stato delle cose un tale referendum ha natura essenzialmente “provocatoria”. Sia perché, in atto, il popolo Siciliano, purtroppo, si trova ancora è in massima parte “narcotizzato” dalla ultrasecolare propaganda italiota (anche se recentemente si notano importantissimi “segnali di risveglio”). Sia perché allo stato, in assenza delle garanzie istituzionali dell’ALTA CORTE, lo Stato italiano si affretterebbe a far dichiarare incostituzionale il referendum dalla Corte Costituzionale Italiana. Laddove quindi si volesse procedere formalmente al referendum ci si dovrebbe battere, propedeuticamente, per la reistituzione dell’Alta Corte di Sicilia.
Ma allora a cosa serve portare avanti OGGI l’iniziativa di questo gruppo? Essa serve in buona sostanza a far sapere ai “sovrani italici” che: NOI Sicilani (almeno tutti quelli che condividono questa iniziativa), siamo perfettamente consci e consapevoli delle vostre IGNOBILI MENZOGNE che ci avete ostinatamente e continuamente propagandato. Sia di quelle storiche che di quelle attuali. Siamo perfettamente consci e consapevoli che dietro l’ipocrita parvenza di buonismo che ci fate “studiare” sui VOSTRI libri di storia e che ci propinate a ripetizione con i vostri organi di stampa e le vostre televisioni di regime, c’è l’inequivocabile, ignobile e ripugnante intento di distruggere il nostro popolo e di sfruttare, sino all’ultima briciola, le risorse della nostra terra e riducendoci sostanzialmente alla fame, attraverso le più becere, vigliacche ed indegne strategie, come l’uso delle organizzazioni mafiose e l’alimentazione dei circuiti clientalari, antimeritocratici ed ascarici della stessa politica regionale.

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