questo il verso più toccante e profondo che troviamo in quest'opera d'arte di Franco Battiato.
E' sempre stato difficile per noi Messinesi trovare l'alba dentro l'imbrunire, sono quasi 100 anni che la cerchiamo, un grido silenzioso pervade le strade di una città fantasma, di un'altra Messina, figlia di padroni barbari, avvezzi al malcostume e cresciuti nell'accademica ignoranza.
Una Città viva, pulsante, ma ricca di ospiti, parassiti che la vorrebbero vedere morire per ricostruire un'altra identità.
Ma Messina non muore, non è mai morta, semplicemente sta sonnecchiando aspettando la sua alba.
Nel titolo parlavo di analogie, effettivamente ce ne sono tante, alcune sono "criptiche", dedicate agli "addetti ai lavori" e riguardano la somiglianza degli studenti citati da Battiato con quel gruppo di intellettuali che dopo il terremoto si rimboccò le maniche per riportare Messina ai vecchi fasti....alla sua vera identità,
gente che ci teneva alla Città, persone che facevano tutto o quasi per passione e per il gusto della ricerca, una consacrazione a Messina martoriata, mi riferisco all'"Accademia della scocca", all' O.S.P.E. alla galleria d'arte "Il Fondaco" .
Mi riferisco a personaggi del calibro di Quasimodo, di Salvatore Pugliatti, di Vann'Antò......
oggi invece?
Altra analogia ben più evidente è l'ambientazione della canzone a S. Pietroburgo, che fu un punto cardine per l'organizzazione delle operazioni di soccorso, mentre il paesaggio descritto dal Maestro può tranquillamente essere quello di Messina in quella fredda mattina di dicembre....28/12/1908.
Questa è la testimonianza di un marinaio russo che tra i primi giunse a Messina a dare soccorso alla popolazione:
Cara mamma,
hai già appreso dai giornali che siamo stati testimoni di cose orribili. E’ accaduto il 28 dicembre. Eravamo ancorati ad Augusta, quando all'improvviso, alle nove di sera, l'Ammiraglio fece venire tutti i comandanti di navi e annunciò loro che quella mattina c'era stato un terribile terremoto, che Messina e Reggio erano interamente distrutte, e quasi tutti gli abitanti seppelliti sotto le macerie. Subito ci preparammo alla partenza…………….
Andavamo in squadra, le corazzate Tzésarévitch, Slava e il nostro incrociatore Makharoff. Alle sette del mattino, il 29 dicembre, ci avvicinammo al luogo dove 24 ore prima si innalzava Messina……………………..
Mio Dio, che spavento! Da lontano, vedendo quell'aspetto desolato, molti di noi piangevano…………….
Giunti nella rada i nostri bastimenti gettarono l'ancora……………
Scendiamo a terra e siamo assaliti dagli abitanti in cenci, feriti e affamati, che ci supplicano di soccorrerli. Subito ci mettiamo all'opera; si trasportarono i feriti a bordo e si distribuì il pane a quelli che stavano bene. Mio Dio, che feriti ci portavano, e com'erano affamati! Senza braccia, senza gambe, con teste insanguinate, ossa rotte!…………….
Molti dei miei compagni restarono a bordo per ricevere i feriti, ma la maggior parte, fra cui io stesso, scese a terra, con gli uomini, portando pale e asce per disseppellire gli infelici sepolti……………….
Seguimmo strade parallele, del resto non erano strade, ma ammassi di rovine, formati dal crollo dei muri, pietre, ecc…………. Sotto ogni mucchio di rovine, c'erano persone che erano morte, bisognava cercare quelli che avevano avuto la fortuna di non essere uccisi e tirarli fuori…………….. All'improvviso udiamo un boato sotto terra e sentiamo un'oscillazione; i muri che tenevano appena cominciano a crollare: Dio solo ci salvò; perché le pietre cadevano fitte. Facevamo dei balzi enormi come se avessimo ricevuto una scossa elettrica……………….
Le strade sono ingombre di rovine, dappertutto cadaveri in uno stato pauroso, nudi, con crani fracassati, e la maggior parte completamente schiacciati. Le case a quattro piani, essendo costruite molto male, erano crollate e i muri erano completamente sbriciolati. C'erano a Messina circa 150.000 abitanti, di cui più di 100.000 sono morti……………….
All'inizio, l'odore dei cadaveri e della putrefazione agiva molto fortemente su di me, ma dopo mi ci sono abituato…………………………
Ci dividemmo in gruppi, e andavamo fra le rovine, ascoltavamo e gridavamo anche.
Quasi da ogni angolo, si udivano risposte o gemiti. Allora, si cominciava a scavare, talvolta bisognava scavare per sei ore, spesso accanto ad un muro semi crollato, e sarebbe bastato togliere una pietra di troppo, perché tutto il muro seppellisse sotto le sue macerie i salvatori e quelli che si stava per salvare………………………….
Nel luogo in cui lavoravamo, alcune case erano ancora in piedi, solo le facciate erano crollate; cosicché si vedevano le stanze di tre piani sovrapposti: le tavole, sedie, letti, ecc. erano rimasti a posto…………………..
Mucchi di macerie salivano sino al secondo piano……………….
Il molo è dissestato, il suolo crepato; e gli abitanti! Il terrore è dipinto sui loro visi, occhi stralunati, capelli in disordine; invece di vestiti, dei cenci, coperte, lenzuola. Degli infermi feriti, straziati con contusioni al viso e alle mani. Era un sfilata interminabile di persone, ora silenziose, ora che si gettavano su di noi gridando, e con le lacrime agli occhi. In pochi minuti i nostri marinai sono trascinati via. "Venite più presto”. “Datemi degli uomini, mio padre è sepolto sotto le macerie!”. “Datemi quattro uomini, i miei bambini stanno per morire!”. I capelli si rizzano in testa per l'orrore; ma ecco altre grida: “Pane, pane, non mangiamo da due giorni” e non ne avevamo portato con noi! “Subito, aspettate un po’ “. “Se non ne avete perché siete venuti?”……………… In un'ora o due, le marmitte erano a terra, e vi si preparavano la semola, i biscotti, le gallette e l'acqua………………..
Nel frattempo la notte Era venuta, e i fari delle nostre navi gettarono sulle rovine un chiarore fantastico, mentre non lontano, una casa finiva di bruciare………………..
La notte era buia e pioveva a rovesci, ma ciò non impedì alla nostra squadra di lavorare fino al mattino.……………….. Durante gli scavi, estraevano quantità di oggetti di valore: Nessuno prese nulla, mentre tutt'intorno si saccheggiava e bisognava ricorrere al revolver per obbligare i ladri ad abbandonare il loro bottino……………. I furfanti erano numerosissimi……………………………….
Dal mattino si trasportavano i feriti sui vascelli………… Avevamo a bordo 108 superstiti: Da sterratori i nostri marinai si trasformarono in suore di carità………………….. ufficiali, marinai e aspiranti, gli uni davano da bere e da mangiare, altri aggiustavano i materassi. La nostra batteria era sistemata ad ambulatorio. Noi curavamo i feriti, davamo loro da bere e da mangiare……..
I marinai sedevano accanto ai malati e se qualcuno piangeva, con le loro mani nere accarezzavano le teste degli afflitti e dicevano loro parole di tenerezza. La mattina del 30 dicembre arrivammo a Siracusa, e consegnammo i malati all'ospedale……….. L'Ammiraglio sul Makharoff si diresse di nuovo su Messina………………
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